GABRIELE D’ANNUNZIO
MEMENTO AUDERE SEMPER
“Nell’età delle pantofole e della poltrona, io scelsi il seggiolino e la cinghia. E dove vi fu d’osare l’inosabile, io fui. Guardai fisso la morte con un occhio come l’avevo guardata con due. Fui il primo a Pola, il primo a Cattaro, il primo a Vienna. Ero al Veliki, al Faiti, al Timavo. Servii sul mare e sotto al mare. Nella notte di Buccari giurai a me stesso che avrei salvato Fiume. E nella notte di Ronchi tenni il giuramento. Di qui partirò per sciogliere un più arduo voto.”
Gabriele D’Annunzio.
Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da una famiglia borghese benestante. Soprannominato il Vate, cioè “guida degli altri uomini” cantore dell’Italia umbertina, occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana» e come politico lasciò un segno nella sua epoca e una influenza sugli eventi che gli sarebbero succeduti. Nel 1915 all’ entrata dell’ Italia in guerra si schierò subito con gli interventisti.
Il discorso celebrativo che D’Annunzio pronunciò a Quarto il 5 maggio 1915, in occasione dell’anniversario dell’impresa garibaldina dei Mille segnò l’inizio di un fitto programma di manifestazioni interventiste, che culminarono con le arringhe tenute a Roma durante tutto il periodo antecendente l’entrata in guerra, durante le cosiddette “radiose giornate di maggio”. Con lo scoppio del conflitto con l’Austria-Ungheria, D’Annunzio, nonostante avesse 52 anni, ottenne di arruolarsi nei Lancieri di Novara partecipando subito ad alcune azioni dimostrative navali e aeree.
La sua attività in guerra fu prevalentemente propagandistica, fondata su continui spostamenti da un corpo all’altro come ufficiale di collegamento e osservatore.
Ottenuto il brevetto di aviatore, nell’agosto 1915 effettuò un volo sopra Trieste insieme al suo comandante e carissimo amico Giuseppe Garrassini Garbarino lanciando manifesti propagandistici; nel settembre 1915 partecipò a un’incursione aerea su Trento e nei mesi successivi, sul fronte carsico, a un attacco lanciato sul monte San Michele nel quadro delle battaglie dell’Isonzo. Il 16 gennaio del 1916, a seguito di un atterraggio d’emergenza, nell’urto contro la mitragliatrice dell’aereo riportò una lesione all’altezza della tempia e dell’arcata sopraccigliare destra. La ferita, non curata per un mese, provocò la perdita dell’occhio. Passò così un periodo di convalescenza a Venezia, durante il quale, assistito dalla figlia Renata, compose il Notturno. L’opera, interamente dedicata a ricordi e riflessioni legati all’esperienza di guerra, fu pubblicata nel 1921. Dopo la degenza, contro i consigli dei medici, tornò al fronte: nel settembre 1916 partecipò a un’incursione su Parenzo e, nell’anno successivo nel 1917, con la III Armata, alla conquista del Veliki e al cruento scontro presso le foci del Timavo nel corso della decima battaglia dell’Isonzo. Nel marzo 1918, con il grado di maggiore, assume il comando della Squadra aerea di San Marco.
Le imprese aeree contro il porto di Cattaro nel1917 e il Volo su Vienna e la partecipazione sui MAS alla Beffa di Buccari (1918) completarono il suo stato di servizio. Al termine del conflitto «egli apparteneva di diritto alla generazione degli assi e dei pluridecorati» e il coraggio dimostrato, unitamente ad alcune celebri imprese di cui era stato protagonista, ne consolidarono ulteriormente la popolarità. Si congedò con il grado di tenente colonnello ( inusuale, all’epoca, per un militare non di carriera); gli verrà poi anche concesso il titolo onorario di generale di brigata aerea. Nell’immediato dopoguerra D’Annunzio si fece portatore di un vasto malcontento, insistendo sul tema della “vittoria mutilata” e chiedendo, in sintonia con il movimento dei combattenti, il rinnovamento della classe dirigente in Italia.
Nel settembre 1919 D’Annunzio guidò un colpo di mano paramilitare, guidando una spedizione di “legionari”, partiti da Ronchi di Monfalcone (ribattezzata, nel 1925, Ronchi dei Legionari in ricordo della storica impresa), all’occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all’Italia. Con questo gesto D’Annunzio raggiunse l’apice del processo di edificazione del proprio mito personale e politico. D’Annunzio con una colonna di volontari occupò Fiume e vi instaurò un “Comando dell’Esercito italiano in Fiume d’Italia”.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorse nella villa di Cargnacco (comune di Gardone Riviera) che pochi mesi più tardi acquistò. Ribattezzata il Vittoriale degli italiani fu ampliata e successivamente aperta al pubblico. Qui lavorò e visse fino alla morte, curando con gusto teatrale un mausoleo di ricordi e di simboli mitologici di cui la sua stessa persona costituiva il momento di attrazione centrale. Il 1º marzo 1938, alle ore 20:05, Gabriele D’Annunzio morì nella sua villa per un’emorragia cerebrale, mentre era al suo tavolo da lavoro.
Fu insignito di una medaglia d’oro al valor militare, cinque d’argento e una di bronzo e per tre volte la croce al merito di guerra.
La motivazione della medaglia d’oro.
«Volontario e mutilato di guerra, durante tre anni di aspra lotta, con fede animatrice, con instancabile opera, partecipando ad audacissime imprese, in terra, sul mare, nel cielo, l’alto intelletto e la tenace volontà dei propositi – in armonia di pensiero e d’azione – interamente dedicò ai sacri ideali della Patria, nella pura dignità del dovere e del sacrificio.»
— Zona di Guerra, Maggio 1915-Novembre 1918