Dedicare la prima delle storie di Memento sulla Grande Guerra al Milite Ignoto è un modo per celebrare tutti insieme i nostri ragazzi che fra 1915 e il 1918 presero sulle loro spalle le sorti della nazione difendendone i confini ad un prezzo inimmaginabile. E nemmeno la cifra di 650 mila soldati caduti dà l’idea del prezzo di quella guerra, perché questo numero non può raccontare le condizioni sovrumane del combattimento in alta quota, o dello schianto disumano di centinaia di migliaia di uomini armati a contendersi poche centinaia di metri. Sono cose che noi oggi, pur studiando, non possiamo comprendere, ma che pure dobbiamo conservare e proteggere dall’oblio per consegnarle al più alto livello di dignità possibile.
E’ con questa intenzione che nel 1921 una commissione assunse l’incarico di cercare undici salme di soldati italiani non identificati in undici luoghi simbolici della guerra italiana; Monfalcone, San Michele, Gorizia, Alto Isonzo, Cadore, Asiago, Pasubio, Tonale, Monte Grappa, Montello, Caposile. Alcune di queste salme furono recuperate dai cimiteri militari, altre direttamente dai campi di battaglia, conservate sotto qualche centimetro di terra ed indicate da croci erette dai commilitoni. Erano semplici soldati d’Italia. Le loro spoglie, raccolte con cura ed avvolte nel tricolore, furono adagiate dentro undici bare identiche. Secondo il protocollo, una donna, in rappresentanza di tutte le madri d’Italia che avevano perso un figlio durante la Grande Guerra, avrebbe scelto una fra queste salme alla quale sarebbe toccato un destino un po’ speciale. Fu Maria Bergamas a ricevere questo incarico. Il figlio della donna, Antonio, è uno fra i molti ignoti caduti nella Grande Guerra. Nacque triestino quando ancora Trieste era parte dell’impero austro ungarico, ma nel cuore albergava sentimenti di italianità; disertò sottraendosi all’esercito austriaco per servire volontario nell’esercito italiano. Morirà in combattimento sul Monte Cimone di Tonezza nel giugno 1916, e il suo corpo non fu più ritrovato. Durante un cerimoniale all’interno della Basilica di Aquileia, il 28 ottobre 1921, accompagnata da quattro medaglie d’oro, Maria incominciò a camminare davanti alle bare con un fiore bianco nella mani, che avrebbe dovuto lanciare su una delle undici bare decretando così la propria scelta. Ma qui il protocollo s’infranse di fronte al dolore della Madre d’Italia; prese lo scialle e lo poggiò su una delle bare, urlando il nome di Antonio, accasciandosi incapace di proseguire oltre. Fu scelto così il feretro del Milite Ignoto. Gli altri dieci eroi sconosciuti d’Italia riposano nel cimitero dei Caduti all’esterno della Basilica. Caricato sull’affusto di un cannone, il feretro del Milite Ignoto avrebbe raccolto la commossa gratitudine della nazione viaggiando in treno fino a Roma.
Da Aquileia alla capitale in cinque tappe, il Milite Ignoto attraversò lentamente e con numerose soste quella porzione d’Italia, ed il dolore per la perdita dei propri cari si tramutò in orgoglio e patriottismo nel cuore degli italiani accorsi da molti paesi per tributare, simbolicamente su quella salma, il sacrificio di tutti i figli d’Italia. Il lutto collettivo della nazione cementò il senso di unità nazionale costruito col sangue in oltre 3 anni di conflitto. Il 2 novembre la salma fu ricevuta con tutti gli onori dalle rappresentanze dei combattenti, delle vedove e della madri d’Italia, con in testa il Re Vittorio Emanuele III. Portato in spalla dalle Medaglie d’Oro, il feretro fu portato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Il 4 novembre 1921 sarà tumulata nel Vittoriano sotto la statua della Dea Roma. Negli anni 30 fu trasferita nel sacello, un recinto sacro, secondo le modalità in uso nell’antichità romana per i tributi alle divinità.
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