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Aveva 15 anni quando l’Italia entrò in guerra contro gli Imperi centrali. A quell’età entrò nei battaglioni “Sursum Corda” del col. Negrotto, un gruppo paramilitare di agitazione nato allo scopo di portare la questione delle Terre Irredente al centro del dibattito nazionale, ma non attese la maggiore età per dare, con la guerra, il suo maggiore contributo alla Patria. Falsificò i propri documenti e ottenne di raggiungere il padre al fronte all’età di 17 anni, nel 5° reggimento Alpini.

Furono gli anni del suo avvicinamento ad Arnaldo Resega, ma anche del confronto con la propaganda bolscevica, colpevole di tradire la causa nazionale coi suoi tentativi di fiaccare il morale delle truppe e gli inviti alla diserzione.
Anche per questa ragione rispose all’appello del Popolo d’Italia quando pubblicò la notizia dell’adunata in Piazza San Sepolcro. E fu davanti al sindacalista Cesare Rossi, futuro quadrumviro del Partito Nazionale Fascista, che Vincenzo firmò la sua adesione ai Fasci Italiani di Combattimento. Al fianco degli altri squadristi, degli arditi, dei nazionalisti e dei reduci partecipò all’assalto dell’Avanti! nel giorno che la Storia scelse per elevare al rango di Martire della Rivoluzione Fascista il primo Caduto per la Causa; fu il 15 aprile del 1919 che Martino Speroni cadde sotto i colpi del nemico, e fu di Vincenzo Costa l’onore di portarne l’elmetto nella sede di via Paolo di Cannobio.  Le sue attività di combattimento e di spionaggio in favore della Reggenza Italiana del Carnaro, il sostegno a D’Annunzio e la partecipazione a numerose manifestazioni di stampo fascista, causarono a Costa numerosi arresti; fu così allontanato dal nord Italia ed impiegato in operazioni umanitarie e di controguerriglia in Turchia, col Corpo di spedizione italiano in Anatolia.
Assecondò la sua vocazione guerriera finché non fu compiuta la rivoluzione fascista, poi in tempo di pace servì la Patria occupandosi di assistenza sociale e sindacalismo, senza occupare ruoli di rilievo nel regime nonostante potesse vantare intime conoscenze coi più alti livelli di dirigenza del regime stesso. Non s’interessò mai di politica e di partiti, concepiva la propria militanza come la pratica di adesione delle azioni dell’individuo ai suoi valori e ai suoi sentimenti patriottici.  Scrisse: “Fu così che divenni fascista. Vi sarà chi mi chiederà se prima di dare l’adesione avessi letto i Postulati dei Fasci di Combattimento: no, non li avevo letti: li leggerò qualche anno dopo, ma anche se si parlava di Costituente, di confisca dei beni ecclesiastici, nulla avrebbe spostato la mia determinazione. Non mi ero mai interessato di partiti, ma mi commuovevo quando leggevo I doveri dell’uomo di Mazzini. Quando giungeva il Re a Milano andavo ad applaudirlo: egli rappresentava la Patria ignorando altre ragioni ideologiche che non avevano ancora formato la mia costituzione politica e mentale; per me il Fascismo rappresentava il fascio di tutte le forze sane, patriottiche, decise a salvare la Patria: ciò mi bastava.” La sua unica carica ufficiale nel ventennio fu quella di Segretario del Fascio di Rogoredo e si impegnò affinché anche questo popolare quartiere di Milano fosse servito con acqua potabile, gas, luce ed i più moderni servizi di quei tempi. Allo scoppio della guerra mondiale riprese le armi e alla morte di Resega divenne Federale di Milano del Partito Fascista Repubblicano. Fu l’ultimo Federale di Milano.  Viene arrestato il 27 aprile del 1945 mentre era diretto al nord con una colonna di soldati. Prigioniero,  tentò il suicidio; più tardi forse rimpiansero i partigiani di non avere lasciato che quel giorno si sparasse.
Fu uno dei molti fascisti della prima ora a dare il proprio contributo fino all’ultimo giorno, ma uno dei pochi che andò anche oltre.

Conclusa la guerra fondò un comitato per le onoranze ai Caduti e dispersi della Repubblica Sociale, e s’impegnò nella ricerca e nell’ottenimento dei permessi per radunare quanti più combattenti fosse possibile in un unico campo militare. Il 16 Ottobre del 1966 cento salme di combattenti entrano coperte dal tricolore portate a braccia nel prescelto campo; in testa alla centuria sfila la salma di Resega. Iniziò quel giorno la luminosa storia del Campo Dieci, il Campo dell’Onore.

Era il 1974 quando Campo Dieci spalancò le braccia per accoglierlo; nel suo grembo, Vincenzo è ancor oggi
tenuto stretto in mai schiuso abbraccio.

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