Nella pratica di una vita intesa come militanza al servizio di valori quali Patria e Onore, capita spesso di cogliere le differenze fra noi e coloro che ci avversano, fra il nostro modo di intendere l’esistenza e quello del resto del mondo. Ne deriva sempre lo stimolo ad andare avanti, stringere i denti e continuare con determinazione la marcia, perché una coscienza addestrata sa ben distinguere fra ciò che è nobile e ciò che è infimo, fra il sacrificio che eleva per linee verticali e i compromessi di comodo che appiattiscono su linee orizzontali. Questo 25 aprile si offre come un’occasione in più per consolidare le nostre certezze; come sapete nelle ultime settimane Campo Dieci è rimasto privo della bandiera. Noi, che il tricolore lo abbiamo scelto per adornare i nostri cuori prima ancora che le nostre case, oggi non lo abbiamo trovato qui, proprio qui, dove riposano gli Eroi che per quella bandiera amarono la vita e sposarono la morte. Ecco la differenza tra noi e loro; noi il tricolore lo vorremmo in ogni ufficio pubblico ed in ogni piazza, in ogni via ed in ogni stazione, altri invece ne privano un campo militare, come se fosse una vergogna da nascondere, un imbarazzo da celare. Qualcuno forse crede di avere fatto a noi e alle nostre comunità uno spregio e di allontanarci dalla meta ma noi non ci baderemo, e risponderemo con l’unica risposta da dare a chi a ogni azione involontariamente ci appunta una medaglia al petto; avete allontanato la meta, ma noi amiamo marciare. Anche oggi lavoreremo mentre il resto dell’Italia, quella senza bandiera, festeggia. Oggi concludiamo un lavoro che ci ha impegnati per molti mesi e che ci ha fatto stringere la mano, una ad una, alle lapidi che onorano questo fazzoletto di Milano che è ancora intriso dei sani valori della nazione. Oggi riscriviamo l’ultima lapide. Contro chi la storia pensava di averla scritta una volta e per tutte, noi dimostreremo che c’è molto da riscrivere e nulla da dimenticare. Perché non ci importa se il celebrare i nostri Caduti crea imbarazzo a chi li ha uccisi, noi siamo e saremo sempre lo specchio del loro quotidiano imbarazzo; sarà così tutti i giorni, perché il sentimento dal quale l’Associazione dei volontari nasce si chiama Amore, sconfinato Amore, e l’amore, quello vero, non ha fine, è immune alle mode e alle tendenze politiche. L’ultima lapide che riscriveremo appartiene a una donna che incarna, contrapponendosi a quello moderno, il nostro modello di emancipazione. Una donna, medaglia d’oro al valor militare, che fece dono della propria vita a una madre e al bimbo che senza il suo sacrificio non avrebbe visto la luce. Si chiamava Angelina Milazzo, ausiliaria del servizio femminile della Repubblica Sociale, ed aveva 23 anni quando donò la sua vita. Erano giorni in cui i liberatori che il mondo liberato oggi celebra planavano su tutto ciò che respirava facendo piovere bombe e colpi di mitraglia; non aveva importanza che fossero abitazioni, scuole, ospedali o monumenti, la loro guerra non ebbe regole allora, come non le avrebbe avute nei settanta anni successivi. L’obiettivo, quel 21 gennaio del 45, era il treno sul quale viaggiava Angelina insieme a molti civili. Colpi di mitraglia, il treno frena e viene rapidamente evacuato, la gente comincia a disperdersi per le campagne per evitare il piombo dei liberatori. Angelina vede una donna incinta in difficoltà, accompagnata da un’amica. L’aereo del liberatore plana su di loro e apre il fuoco, Angelina non esita a lanciarsi e far loro da scudo col proprio corpo.
Morirà, sacrificando sé stessa per la salvezza di altri.
Ecco, noi crediamo che Angelina, e come lei gli altri Caduti di Campo Dieci, una bandiera la meritasse. Così oggi ne abbiamo messe mille. E a ciascuna di queste lapidi abbiamo donato un nastrino ed un fiore.
Ci sono momenti nella Storia in cui l’umanità, messa alla prova, si trova di fronte ad un bivio pronta per imboccare una via piuttosto che un’altra. Ed alcune volte non è necessario molto tempo prima che si possa valutare dalla bontà dei frutti, la bontà dell’albero. Nell’Italia di oggi, struprata dalle cronache che ogni giorno ci arrivano, appare facile capire quali siano i frutti marci e quali invece i germogli promettenti. E noi siamo qui a raccontare le storie che imbarazzano ancora chi col palato amaro si è già dato delle risposte, senza aver trovato il coraggio di farsi delle domande.
Ricevemmo un mandato un giorno, quello di agire per sentimento e non per risentimento. Lo stiamo facendo tutti i giorni della nostra vita, seguendo l’esempio di Angelina, di Nicola, di Alessandro e di tutti gli altri che abbiamo imparato ad amare per averci proiettato un esempio da seguire come un cammino di elevazione. Guarderemo molte cose dall’alto, per altre invece metteremo lo stivale nel fango, ma ogni cosa la faremo mettendoci l’anima e il cuore, guidati dall’esempio di chi visse e morì con due cose supreme davanti lo sguardo; l’Italia ed il suo popolo. Ed insieme, il loro Onore. Andremo avanti.
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